Nel mese di settembre 2020 sono stati pubblicati i tanto attesi decreti del così detto “Pacchetto Economia Circolare” che hanno portato alcune importanti novità.
Ma cosa è cambiato per le imprese? Recentemente è stata pubblicata una nota del Ministero della Transizione Ecologica in merito alla Tari così da mettere ordine dopo l’entrata dei suddetti decreti.
Ma procediamo con ordine.
Decreti del “Pacchetto Economia Circolare”
I decreti in questione sono 4:
- Il D.Lgs 116/2020 del 3 settembre – attuazione della Direttiva UE 2018/851 – che modifica la parte IV del D.Lgs. 152/2006 (TUA, Testo Unico Ambientale) in materia di imballaggi e rifiuti di imballaggi. In vigore dal 26 settembre 2020.
- Il D.Lgs. 118/2020 del 3 settembre – attuazione degli artt. 2-3 della Direttiva UE 2018/849 – in materia di pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori, oltre ai rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. In vigore dal 27 settembre 2020.
- Il D.Lgs. 119/2020 del 3 settembre – attuazione dell’art. 1 della Direttiva UE 2018/849 – relativa a i veicoli fuori uso. In vigore dal 27 settembre 2020.
- Il D.Lgs 121/2020 del 3 settembre – attuazione della Direttiva UE 2018/850 – in materia di discariche. In vigore dal 29 settembre 2020.
D.Lgs 116/2020 – Imballaggi e rifiuti di imballaggi
Sicuramente il Decreto più “rivoluzionario” è il 116/2020 in quanto apporta modifiche sostanziali alla parte IV del Testo Unico Ambientale. In particolare interviene su:
- Responsabilità estesa del produttore (Epr): il decreto impone una maggiore responsabilità del produttore, il quale dovrà corrispondere un contributo finanziario per la copertura dei costi della raccolta differenziata. Responsabilità che non riguarda solo l’aspetto economico ma anche informativo, infatti la nuova formulazione pone in capo ai produttori obblighi informativi e di etichettatura degli imballaggi per il consumatore. Tali misure incoraggino la produzione e la commercializzazione di prodotti adatti al multiuso, contenenti materiali riciclati, tecnicamente durevoli e facilmente riparabili, adatti ad essere preparati per il riutilizzo e riciclati.
- Attestazione di avvenuto smaltimento: il produttore del rifiuto ne rimane responsabile fino allo smaltimento. Quindi non basterà più la ricezione della quarta copia del formulario per quei rifiuti che vengono ritirati dai soggetti autorizzati con operazioni che non comprendono l’effettivo smaltimento del rifiuto (D13 – raggruppamento, D14 – ricondizionamento, D15 – deposito temporaneo), ma sarà necessaria un’attestazione di avvenuto smaltimento rilasciata dall’impianto di destino successivo che effettua le reali operazioni di smaltimento da D1 a D12.
- Assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani: sicuramente la modifica più importante in quanto viene stravolta la classificazione dei rifiuti. Il D.Lgs 116/2020 estende la definizione di rifiuto urbano ad alcuni rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata, quindi a quelli prodotti dalla attività riportate nell’allegato L-quinquies che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell’allegato L-quarter (trovate entrambi gli allegati qualche riga più sotto). Tale modifica è in vigore dal 1 gennaio 2021 e ha grosse ripercussioni sulle aziende, le quali potranno scegliere se affidarsi al servizio pubblico o un operatore privato. Inoltre è prevista l’esclusione della corresponsione della componente tariffaria, rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti, per le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani e li conferiscono al di fuori del servizio pubblico dimostrando di averli avviati a recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi. La norma precisa che la scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico, ovvero del ricorso al mercato, deve essere effettuata per un periodo non inferiore a 5 anni. L’assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani ha lo scopo di permettere di raggiungere gli obiettivi posti dall’Europa in fatto di raccolta differenziata.
D.Lgs 118/2020 – Pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori, oltre ai rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche
Il decreto prevede che il Ministero dell’Ambiente trasmetta annualmente (non più ogni tre anni) alla Commissione Europea una relazione contenente informazioni, comprese stime circonstanziate sulle quantità, in peso, delle apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE) immesse sul mercato e dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) raccolti separatamente ed esportati, nonché informazioni relative alla raccolta ed al riciclaggio dei rifiuti di pile e di accumulatori.
D.Lgs 119/2020 – Veicoli fuori uso
Obiettivo del decreto è quello di facilitare e promuovere il riutilizzo delle parti derivanti dai veicoli fuori uso. Incentivare il riciclo dei rifiuti provenienti da impianti di frantumazione, riducendo lo smaltimento. La norma prevede che le operazioni per la messa in sicurezza del veicolo fuori uso debbano essere effettuate entro 10 giorni lavorativi dall’ingresso del veicolo nel centro di raccolta anche in caso in cui lo stesso veicolo non fosse ancora cancellato dal PRA. Inoltre introduce l’obbligo di pesatura del veicolo fuori uso all’ingresso del centro di raccolta.
D.Lgs 121/2020 – Discariche
Il decreto garantisce una progressiva riduzione del collocamento in discarica dei rifiuti e di prevedere, mediante requisiti operativi e tecnici per i rifiuti e le discariche, misure, procedure e orientamenti volti a prevenire o a ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull’ambiente, in particolare l’inquinamento delle acque superficiali, delle acque di falda, del suolo e dell’aria, sul patrimonio agroalimentare, culturale e il paesaggio, e sull’ambiente globale, compreso l’effetto serra, nonché i rischi per la salute umana risultanti dalle discariche di rifiuti, durante l’intero ciclo di vita della discarica.
A partire dal 2030 sarà vietato lo smaltimento in discarica di tutti i rifiuti idonei al riciclaggio o al recupero di altro tipo, in particolare i rifiuti urbani.
Tari e rifiuti ex assimilati: ecco la nota del Ministero
Il 12 aprile il Ministero della Transizione Ecologica è intervenuto con una nota per cercare di chiarire alcuni questioni apertesi con l’entrata in vigore dei suddetti decreti, in particolar modo il D.Lgs 116/2020.
Sottolineiamo che le utenze non domestiche che intendono conferire i propri rifiuti urbani al di fuori del servizio pubblico – previa dimostrazione di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi – dovranno riferire la scelta al comune, o al gestore di servizio rifiuti in caso di tariffa corrispettiva, entro il 31 maggio di ciascun anno.
La nota è articola in quattro punti:
- Coordinamento con l’art. 238 del TUA e il comma 649 dell’art. 1 n. 147 del 2013 in merito alla TARI.
- Determinazione della tariffa TARI e della tariffa corrispettiva.
- Locali ove si producono rifiuti “urbani” con riferimento alle diverse categorie di utenza.
- Possibilità di fissazione di una quantità massima di rifiuti urbani conferibili al sistema pubblico, a seguito dell’eliminazione della potestà comunale di assimilazione.
1.Coordinamento con l’art. 238 del TUA e il comma 649 dell’art. 1 n. 147 del 2013 in merito alla TARI
Nella nota risulta chiara la volontà del legislatore di consentire alle utenze non domestiche i conferimento al di fuori del servizio pubblico dei propri rifiuti urbani alle condizioni ivi indicate.
Riportiamo i due stralci degli art. sopra citati per facilitare la comprensione:
Comma 10 dell’art. 238 del TUA (come modificato dall’art. 3 del D.Lgs n. 116/2020):
“le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani di cui all’articolo 183 comma 1, lettera b-ter) punto 2, che li conferiscono al di fuori del servizio pubblico e dimostrano di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi sono escluse dalla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti; le medesime utenze effettuano la scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico o del ricorso al mercato per un periodo non inferiore a cinque anni, salva la possibilità per il gestore del servizio pubblico, dietro richiesta dell’utenza non domestica, di riprendere l’erogazione del servizio anche prima della scadenza quinquennale”.
Invece, il comma 649 dell’art.1 della legge n. 147 del 2013 dispone che:
“per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella determinazione della TARI, il comune disciplina con proprio regolamento riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati”.
Alla luce di quanto riportato, la nota ministeriale afferma che la riduzione della quota variabile prevista dal comma 649 deve essere riferita a qualunque processo di recupero, ricomprendendo anche il riciclo al quale i rifiuti sono avviati. L’attestazione rilasciato dal soggetto che svolgerà l’attività di avvio a recupero dei rifiuti, sarà sufficiente ad ottenere la riduzione della quota variabile della TARI in rapporto alla quantità di tali rifiuti, a prescindere dalla quantità degli scarti prodotti nel processo di recupero.
Per le stesse utenze rimane impregiudicato il versamento della TARI relativa alla parte fissa, calcolata sui servizi forniti indivisibili.
2.Determinazione della tariffa TARI e della tariffa corrispettiva
Al fine di garantire una ordinata rappresentazione circa l’affidamento al servizio pubblico della raccolta di rifiuti urbani da parte di attività produttive, l’utente produttore è tenuto a comunicare formalmente all’ente gestore di ambito ottimale, ove costituito ed operante, ovvero al comune di appartenenza la scelta di non avvalersi del servizio pubblico di raccolta. A tal fine si richiama il disposto dell’art. 30 comma 5 del D. L. n. 41 del 2020, in base al quale la comunicazione deve essere effettuata entro il 31 maggio di ciascun anno.
Limitatamente al 2021, la medesima disposizione prevede che gli atti afferenti alla TARI (la tariffa, il regolamento TARI e la tariffa corrispettiva) debbano essere approvati entro il termine del 30 giugno, sulla base del piano economico finanziario (PEF) del servizio di gestione dei rifiuti.
Il periodo temporale di cinque anni vale non solo nel caso di affidamento ad un soggetto terzo ma anche quando l’utenza non domestica sceglie il servizio pubblico, come espressamente previsto dal comma 10 dell’art. 238 del TUA. È bene precisare che detta indicazione temporale non rileva ai fini dell’affidamento del servizio da parte dell’utenza non domestica che, infatti, potrà, nel corso dei cinque anni cambiare operatore privato, in relazione all’andamento del mercato.
Rispetto alle criticità circa lo sfasamento tra entrate e costi determinato dalla circostanza che il Metodo Tariffario per il servizio integrato di gestione dei Rifiuti (MTR) di ARERA (Delibera n. 443 del 2019 – Annualità 2018-2021) stabilisce che i costi siano quelli del biennio precedente, pur aggiornati, ARERA adotterà a partire dal 2022 gli opportuni correttivi nel MTR per consentire di superare l’attuale disallineamento tra costi e gettito, fino al raggiungimento di un regime ordinario.
3.Locali ove si producono rifiuti “urbani” con riferimento alle diverse categorie di utenza
- Attività industriali
Nel sopracitato allegato L–quinquies non sono ricomprese le “Attività industriali con capannoni di produzione” pertanto si potrebbe dedurre che producano solo rifiuti speciali. In realtà l’art. 184 del TUA definisce “speciali” i rifiuti delle lavorazioni industriali se diversi dai rifiuti urbani, per cui appare evidente che le attività industriali producono sia rifiuti urbani che speciali. Così come riportato nella nota ministeriale, ciò comporta che:
- le superfici dove avviene la lavorazione industriale sono escluse dall’applicazione dei prelievi sui rifiuti, compresi i magazzini di materie prime, di merci e di prodotti finiti, sia con riferimento alla quota fissa che alla quota variabile;
- continuano, invece, ad applicarsi i prelievi sui rifiuti, sia per la quota fissa che variabile, relativamente alle superfici produttive di rifiuti urbani, come ad esempio, mense, uffici o locali funzionalmente connessi alle stesse.
- resta dovuta solo la quota fissa laddove l’utenza non domestica scelga di conferire i rifiuti urbani al di fuori del servizio pubblico, poiché il comma 649, ma anche il comma 10 dell’art. 238, come innanzi interpretati, prevedono l’esclusione della sola componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti e cioè della parte variabile.
- Attività artigianali
Considerazioni analoghe a quelle svolte con riferimento ai rifiuti derivanti dalle attività industriali si estendono anche alle attività artigianali.
- Attività agricole, agroindustriali e della pesca
In merito alle attività di cui all’articolo 184, comma 3, lettera a) del TUA, si deve precisare che l’attuale formulazione delle disposizioni contenute nel D. Lgs. n. 116 del 2020, porta a classificare come speciali tutti i rifiuti derivanti da dette attività, comprese anche quelle ad esse connesse. Ciò premesso, in tale contesto, occorre, però, considerare la previsione di chiusura di cui all’allegato L-quinquies, della Parte quarta del TUA che chiarisce che “Attività non elencate, ma ad esse simili per loro natura e per tipologia di rifiuti prodotti, si considerano comprese nel punto a cui sono analoghe”. Tale previsione può quindi essere applicata alle attività relative alla produzione agricola che presentano le medesime caratteristiche riportate nel citato allegato. Sulla base di tale previsione, per le suddette utenze deve ritenersi ferma, quindi, la possibilità, in ogni caso, di concordare a titolo volontario con il servizio pubblico di raccolta modalità di adesione al servizio stesso per le tipologie di rifiuti indicati nell’allegato L-quater della citata Parte quarta del TUA.
4.Possibilità di fissazione di una quantità massima di rifiuti urbani conferibili al sistema pubblico, a seguito dell’eliminazione della potestà comunale di assimilazione
Riguardo a tale punto, occorre ribadire che il D. Lgs. n. 116 del 2020 ha eliminato la competenza dei comuni in materia di regolamentazione sull’assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, facendo venir meno, a decorrere dal 1° gennaio 2021, anche i limiti quantitativi già stabiliti dai regolamenti comunali.
È stato evidenziato che potrebbe verificarsi un aumento incontrollato delle quantità di rifiuti urbani rispetto a quelle attuali, rendendo difficile lo svolgimento del servizio; per cui è stata manifestata l’esigenza di fissare dei limiti di conferimento dei rifiuti urbani da parte delle utenze non domestiche che tengano conto della capacità di assorbimento del sistema.
In proposito, bisogna osservare che tale possibilità è esclusa dalle disposizioni unionali, recepite puntualmente nell’ordinamento interno. In ogni caso, vale la pena di sottolineare che i comuni sono tenuti ad assicurare la gestione dei rifiuti urbani, compreso lo smaltimento in regime di privativa, ove l’utenza non domestica scelga di avvalersi del servizio pubblico. È quindi con i contratti di servizio che verranno fissati i parametri tecnici ed economici per l’efficiente gestione dei rifiuti urbani da parte dei soggetti affidatari.
Fonti
Nota Ministeriale
D.Lgs 116/2020
D.Lgs. 118/2020
D.Lgs. 119/2020
D.Lgs 121/2020