L’investimento da oltre 5 miliardi non è solo alta tecnologia: alla base c’è una visione circolare, per ridurre la dipendenza dalle materie prime critiche e promuovere il riuso dei materiali.
L’annuncio della nascita del primo hub europeo integrato per semiconduttori in carburo di silicio (SiC) a Catania, firmato il 7 maggio 2025 presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, non è solo un traguardo tecnologico. È un passo decisivo verso una filiera elettronica più circolare, autonoma e sostenibile, in un Paese come l’Italia povero di risorse minerarie ma ricco di competenze e capacità industriale.
Il progetto di STMicroelectronics, del valore complessivo di oltre 5 miliardi di euro, nasce infatti con l’obiettivo dichiarato di limitare l’importazione di materiali critici, valorizzando al massimo il recupero e il riciclo dei materiali strategici impiegati nella produzione di chip, in particolare il carburo di silicio.
Riciclo e ottimizzazione delle risorse: la vera rivoluzione dell’hub
Il cuore dell’iniziativa non è solo la capacità produttiva – che raggiungerà le 15 000 fette di wafer a settimana – ma l’approccio integrato e sostenibile all’intero ciclo produttivo. L’hub catanese sarà infatti il primo in Europa a coprire tutta la filiera dei semiconduttori in SiC, dalla produzione dei substrati al confezionamento, fino al recupero e riutilizzo dei materiali. Questo significa meno rifiuti tecnologici, meno dipendenza da fornitori esteri, più valore aggiunto interno.
Il carburo di silicio è una risorsa preziosa e difficile da reperire. L’Europa – e l’Italia in particolare – non dispongono di miniere per l’estrazione di silicio industriale o carbonio puro, e l’approvvigionamento dipende quasi interamente da paesi terzi, spesso instabili dal punto di vista geopolitico. Da qui, l’importanza di creare una catena del valore chiusa: un sistema in cui ciò che oggi è scarto, domani diventa nuova materia prima.
Più autonomia, meno dipendenze esterne
Con il nuovo hub, STM punta a una drastica riduzione delle importazioni di materiali semiconduttori, sia grezzi che lavorati. Questo non solo per ragioni economiche, ma anche per motivi ambientali e strategici: ogni chilogrammo di materiale recuperato in Italia evita trasporti intercontinentali e riduce l’impronta di carbonio associata alla filiera tecnologica. Inoltre, una catena del valore locale consente maggior controllo sulla qualità dei materiali e sulla sicurezza dei processi produttivi.
Il ministro Urso ha definito l’iniziativa «un tassello fondamentale per la sovranità tecnologica europea», richiamando l’importanza del riciclo come leva per affrancarsi dalla dipendenza da risorse straniere. Un tema centrale anche per il “Chips Act” dell’Unione Europea, che destina fondi specifici alla costruzione di filiere locali basate su recupero e sostenibilità.
Un impianto pensato per durare (e rigenerarsi)
Il Campus SiC, che sorgerà accanto al sito STM già esistente a Catania, sarà progettato con impianti ad alta efficienza energetica, sistemi di recupero delle acque di processo, e strutture dedicate alla separazione e rigenerazione di materiali provenienti da scarti industriali. Una strategia coerente con il modello di “fabbrica verde” che STM sta già adottando nei propri stabilimenti europei.
Non si tratta solo di contenere l’impatto ambientale: il recupero dei materiali è parte integrante della competitività futura. In un contesto globale dove le risorse critiche stanno diventando sempre più contese, la capacità di rigenerare internamente materiali strategici può diventare un vantaggio decisivo per l’intera industria italiana ed europea.
Conclusione
Con l’hub di Catania, l’Italia non solo rilancia la propria posizione nella microelettronica mondiale, ma lo fa con una visione moderna e responsabile. Una visione che punta sul recupero delle risorse, sull’economia circolare e sulla riduzione delle dipendenze esterne: ingredienti essenziali per un futuro tecnologico che sia davvero sostenibile.
Fonti: Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit), Corriere delle Comunicazioni, Corriere dell’Economia.










